domenica 20 gennaio 2013

UN BRINDISI ALL'ASSURDITA'


Faccio spesso giochi e rituali, penso possano davvero cambiare il destino. Per esempio: cammino per strada e  mi dico che se riesco a toccare sette oggetti verdi, mi succederà qualcosa di bello. Quindi: palizzata, macchina, campana del vetro, cespuglio, borsa di una sconosciuta, portone, lattina di Heineken. Sette; suono il pianoforte nell'aria, soddisfatta.
Qualche giorno fa, ho scommesso che avrei incontrato per strada almeno quindici donne con borsetta Louis Vuitton (autentica o tarocca). Ne ho contate ventitré. E' la strada il vero specchio della società, non la televisione.
Adoro anche andare in biblioteca, anche se tra quelli scaffali mi sento potentemente ignorante. Ma c'è un buonissimo odore di carta inchiostrata e mi viene una gran fame di libri, cosi ne prendo sempre due o tre e esco stringendoli al petto e annusandoli. Poi magari nemmeno li leggo, ma mi sembra comunque di essere diventata più ricca.
Chi mi conosce dice che non mi sposerò mai, perché sono troppo strana; a me non pare, sinceramente, anche se piango molto più spesso degli altri. Piango ascoltando la musica,soprattutto. Piango nelle sere d'inverno perchè il freddo e il buio mi fanno paura. Oppure quando non parlo con nessuno per ore. Però mi faccio la doccia ogni giorno e faccio la raccolta differenziata, come tutti.
E ho uno scatolone pieno di pennarelli e matite, ma questo non l'ho detto a nessuno. Mi piace toccare i colori. Faccio spesso foto alle nuvole e al tramonto; il cielo è di una bellezza struggente, ma in pochi ci fanno caso. Via via le faccio sviluppare e le appendo alla parete in camera; il muro è tappezzato di sole e cirri.
Poi a volte, così dal nulla, cala il sipario: l'altro giorno passeggiavo nel parco, aveva appena smesso di piovere. Sentivo una punta di malinconica insoddisfazione e i miei calzini si stavano inzuppando. Mi sono ritrovata di fronte ad una grossa pozzanghera; anziché aggirarla e tirare dritto, mi sono fermata ad osservare il fondo fangoso della pozza. L'acqua rifletteva gli alberi. Un'immagine grigiogiallognola senza speranza.
I piedi erano bagnati e freddi.
Non riuscivo a superare la dannata pozzanghera, ero letteralmente paralizzata da schiacciante, immotivata disperazione che mi nasceva dalla bocca dello stomaco. E mi esplose in un urlo.
Ho urlato in mezzo al parco davanti ad un rigagnolo d'acqua – chinata in avanti, come stessi vomitando. In molti si erano voltati e commentavano la scena. Sono corsa via. E la gente continuava a fissare quella povera cretina che sgambettava. Avevo caldo alle gote e il fiatone e la borsa continuava a scendermi dalla spalla, ma sentivo di nuovo il sangue scorrere. Quando sono entrata in casa, ansimavo. E mi vergognavo anche un po' per quello che avevo fatto. Era una cosa senza senso, però mi sentivo meglio. Ho cominciato a ridacchiare; ma sì, gli altri mi daranno della matta, ma rideranno anche loro. “Che scema...” borbottavo, ma sorridevo. Mi sono versata del vino bianco, sono andata di fronte allo specchio e ho alzato il bicchiere guardandomi negli occhi: - Un brindisi all'assurdità-.
I miei amici, spero di poterli invitare tutti al mio matrimonio, un giorno. Cin cin.

1 commento:

  1. Cherie, sono preoccupata: non ho tue notizie da tempo. Ti ho scritto durante le vacanze... ça va, ma petite? Io ho finalmente trovato casa. Quando vuoi, batti un colpo. _F._

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