martedì 26 febbraio 2013

PER UN PUGNO DI DOLLARI- parte II

Ho accettato.
Ora fisso il vuoto, il cellulare stretto in pugno. Penso al concetto di tradimento, me lo rigiro in testa come un pallone. Lo soppeso da tutte le angolazioni. Ho effettivamente tradito Stefano?
Sì: sono stata a letto con un altro di nascosto.
No: l'ho fatto per soldi, senza amore.
Quindi?
La questione rimane insoluta. La reiterazione del reato è tuttavia un'aggravante.
Mi stropiccio le palpebre, concentrandomi sugli scenari possibili per la serata. Uno: ci vado e prendo i soldi. E mi calpesto. Due: non ci vado, chiudo per sempre questa lurida parentesi, nessuno lo saprà mai e in qualche modo ce la caveremo.
Propendo per la prima opzione; poi mi sposto sulla seconda. Tentenno e saltello da una all'altra. Il cellulare mi cade due o tre volte, mi chino, lo raccolgo,e torno alla passività della meditazione. Lascio passare il tempo senza fare un passo fuori dal pantano. Morpheus, dove sei? Voglio la pillola blu....
Cristo, tanto lo so che non so dire di no a quei soldi maledetti; figurarsi se mi tiro indietro di fronte ad altri duecento euro.
Un po' mi detesto mentre mi cambio e metto su un'altra scusa da propinare a Stefano. Lo saluto con un bacio sulla guancia e gli faccio il solletico; ride scoprendo i denti bianchissimi e sulle guance si formano due fossette. E' così bello che mi vengono le lacrime agli occhi, allora esco rapida prima di ripensarci ( ma no, ma no, aspetta, non andare, sei ancora in tempo...). Zitto, grilloparlante, non ti sento. Anzi, mi fermo al bar e mi faccio un Negroni. Lo butto giù in poche sorsate e succhio le ultime gocce aspirando rumorosamente con la cannuccia. Alla salute dell'avvocato.
Stavolta non c'è musica, bensì un delicato odore di incenso alla cannella. Mi servo da bere senza troppe cerimonie, comincio ad avere caldo, entro in un tunnel nebbioso di impaziente euforia.
Facciamola breve.
Mi sfilo il vestito e lo butto a terra.
Andiamo, serviti e lasciami andare a casa.
Riccardo scambia la mia fretta per entusiasmo, si eccita. Si sposta in camera da letto; io prima di seguirlo bevo del Gewürztraminer direttamente dalla bottiglia. Invoco l'incoscienza, invece vedo le fossette di Stefano tra i grugniti gaudenti del magnaccia forense.
PILLOLA BLU, CAZZO, PILLOLA BLU!
Lacrime colano dagli angoli degli occhi serrati.
Muoviti a venire, vecchio.
Sono la spettatrice del momento più basso della mia vita.
Quando Riccardo mi crolla addosso, lo scosto seccamente, corro in salotto. Mi rimetto l'abito, ficco il reggiseno in borsa e mi verso del whisky. Finita...posso andare....Stefano...
- Eh brava, bimba...-. Mi cinge la vita. Bevo per non guardarlo. - Mi sei proprio piaciuta stasera, eri...- Gesticola. –... carica, diciamo. Tieni, un piccolo extra: te lo sei meritato-.
Prendo il rotolo di banconote e tiro fuori le chiavi della macchina.
- Ti vorrei qui fra due giorni, mi piace la tua compagnia. Ad ogni modo, ti richiamo-.
Balbetto qualcosa mentre cerco a tentoni la porta. Conto i soldi solo quando sono in auto: duecentosessanta. Li butto nella borsetta, insieme al reggiseno. Poi metto in moto e pigio sull'acceleratore come dovessi partorire da un momento all'altro. Ignoro i semafori. Casa, voglio casa.
Stefano dorme profondamente; mi inginocchio e guardo le lunghe ciglia, l'ombra di barba sulle guance glabre, le labbra sottili appena socchiuse. Dio, quanta bellezza dopo tanto squallore...
Mi rannicchio accanto a lui, annuso il profumo della sua pelle (no, non è il bagnoschiuma, né il detersivo: è proprio la sua pelle) e mi addormento.

Nessun commento:

Posta un commento