Giuro che non avrei immaginato di
arrivare a questo.
Da un anno vivo con il mio compagno e
da tre mesi sono disperatamente senza lavoro. Invio ogni giorno
curriculum, entro in negozi e bar e ristoranti a chiedere se hanno
bisogno di personale, mi sono proposta come baby-sitter e donna delle
pulizie. Ho – abbiamo- bisogno di soldi. E detesto non avere niente
da fare. I giorni sono lunghi corridoi bui e polverosi, in salita.
Alle tre mi chiedo come farò ad arrivare alle cinque, allora pulisco
o mi metto a fare una torta. Ma mi viene da piangere. Mi sento un
bambino sano e arzillo costretto a letto.
Alle volte, quando proprio le pareti
domestiche mi vengono in odio, vado al centro commerciale. Non sono i
negozi ad interessarmi, butto giusto un occhio distratto alle
vetrine, ma non posso permettermi nulla a due cifre per ora; vado al
bar, mi siedo al tavolino e guardo chi passa. Gli esemplari da
shopping mall. Coppie dallo sguardo vacuo ( lui e lei vestiti uguali,
stessi pantaloni militari e stesse Nike), mamme traballanti su
stivali col tacco che spingono carrozzine, adolescenti con cannucce
di Estathè tra i denti. Li seguo con lo sguardo e un po' li invidio.
Qualche giorno fa ero davanti ad una
tazzina vuota da venti minuti, quando un uomo mi ha chiesto il
permesso di accomodarsi.
- Prego-, ho risposto. Mi è arrivata
una zaffata di Acqua di Giò mentre lui si sedeva. Dopo il primo
sorso di prosecco, ha garbatamente cominciato e fare conversazione.
Io mi sono lasciata intrattenere, dopotutto non avevo molto altro da
fare. Mi ha offerto da bere, e mentre mi porgeva il calice con il mio
spritz, ho notato i braccialetti d'oro e la giacca Henry Cotton's.
Cosa ci faceva uno che odorava di boutique in un piccolo centro
commerciale?
Abbiamo continuato a chiacchierare per
un paio di minuti, poi di punto in bianco lui ha detto :- Lo sa? Lei
è carina, mi piace-.
- Ah, be', grazie...-.
- No, sul serio: ha personalità, oltre
che un viso delizioso-.
L'ho guardato meglio in faccia: non
arrivava ai cinquant'anni, mascelle ben sbarbate e carnagione scura
(solarium?).
- Mi sembra il tipo che non si
scandalizzerebbe se io le facessi una certa proposta...-. Fece un
sorrisetto malandrino. Ovvio che era dannatamente sicuro di sé.
-Mi dica..-.
Lui si sporse verso di me, si avvicinò
il più possibile al mio orecchio. - Vorrebbe venire da me stasera?
Per intrattenermi. Le farei trovare dell'ottimo vino.... Ah, e un
compenso, certo-.
Si ritrasse; era di nuovo elegantemente
seduto e mi guardava senza il minimo imbarazzo.
Sbattei le palpebre.
Me l'aveva chiesto davvero?
E soprattutto, perchè non me n'ero
ancora andata con fare indignato?
Per il compenso.
Sapevo che era una cosa disonorevole e
non avrei mai accettato, ma le cifre possibili mi ronzavano in testa:
sessanta? Settanta? Quanto ero quotata? Non sapevo come formulare la
domanda; non volevo sembrare troppo veniale, anche se, Cristo, mi
aveva praticamente chiesto di prostituirmi. - Quanto....-
cominciai e lui mi precedette rapido e secco – Duecento-.
Quattro cinquantoni mi ballavano
libidinosi di fronte agli occhi.
Non sapevo cosa rispondere; non dissi
nulla. Lui molto diplomaticamente mi lasciò il suo numero,
invitandomi con affabilità a pensarci su.
Quando tornai a casa, continuavo a
rimuginare su quello strano incontro. Non riuscivo a riderci sopra e
liquidarlo come pazzia. Cominciai a caricare la lavatrice
sovrappensiero; era squallido, a dir poco squallido. Però d'altra
parte erano soldi facili. Poco puliti, decisamente immorali, ma
facili.
E Stefano?
Non poteva essere d'accordo.
Comprensibile.
Sentii la lavatrice in bagno che
fischiava in maniera insolita. Andai a controllare. - Che cazz...-.
Scivolai sul pavimento bagnato. Allagato. Gemetti – No...Dio, no!-.
Mi abbassai e scrutai dentro l'oblò. Tutto fermo. L'acqua era ancora
saponosa.
Lavatrice guasta.
Asciugai furiosamente per terra: ci
mancava giusto questa.
Quando Stefano rientrò da lavoro,
tentò di aggiustarla. Tolse i panni, cercando di arginare la
fuoriuscita d'acqua con un secchio, dette un'occhiata, ma si dovette
arrendere. Si tolse la maglietta fradicia per passarsela sul viso.
Imprecò sonoramente, e poi si morse il labbro inferiore.
Io lo fissavo, stanca e impotente.
- Saranno come minimo ottanta- cento
euro per la riparazione di 'sta merda-. Anche lui era esausto, una
stanchezza atavica che si portava avanti da secoli e gli aveva
tracciato occhiaie violaprugna sul bel viso.
Si trascinò mestamente in camera. Io
rimasi sola a pulire di nuovo il pavimento. La prospettiva di avere
quei duecento euro mi martellava, ne avevamo un bisogno, cazzo,
proprio bisogno....
Dovevo intrattenere quell'uomo che
trasudava haute couture e champagne. Spogliarmi di fronte a
lui. Lasciarmi toccare da lui.
Il presagio dell'umiliazione mi
infiammava le guance.
- E' arrivata anche la bolletta
della luce ieri...-.
Stavamo raschiando il fondo.
Chiusi la porta del bagno e chiamai il
cicisbeo, parlando poco più che in un sussurro. Quando riattaccai,
le ascelle mi sguazzavano nel sudore.
Mi feci la doccia e mi cambiai l'abito
e la biancheria ( vergognandomi profondamente).
Non ho mai avuto il vizio di mordermi
le unghie, ma quella sera per una buona mezz'ora mi azzannai il
pollice, sputacchiando di tanto in tanto, prima di gracchiare con
forzata nonchalance : - sai, stasera non ci sono... mi vedo con le
ragazze. Mi hanno invitato a cena da loro- aggiunsi, come a
sottolineare che non sarei uscita a scialacquare denaro che non
avevamo.
Nel tragitto mi sentivo già sporca. Un
paio di volte mi balenò l'idea di fare inversione e tornarmene
indietro. Tuttavia il dispetto della lavatrice, perversa ghignante
bestia satanica, dava gas alla macchina. “Se non si fosse rotta,
non sarei andata. O forse sì....”. Ero in preda al panico da
bivio; fino all'ultimo secondo, fuori davanti al citofono, contavo
sulla possibilità di battere in ritirata.
Fissavo la targhetta in ottone lucido:
avv. Riccardo Meoni. Stavo lì, impalata, con le braccia
mosce lungo il corpo, sudavo di nuovo. - Cristo...-. Detti un ultimo
morso all'unghia, poi suonai. Ritrassi subito il dito, spaventata dal
trillo stentoreo del campanello.
Mi aprì senza nemmeno chiedere chi
fossi; prima di entrare mi asciugai le mani ai jeans.
La musica di Miles Davis mi dette il
benvenuto, e Riccardo mi sorrideva ossequioso come un maggiordomo –
Prego, prego. Si accomodi. Vuole da bere?-.
Ovvio che sì. Buttai giù un Bellini a
stomaco vuoto, pregando che mi arrivasse subito al cervello. Padre,
perdonali perchè non sanno quello che fanno.
Sfacciatamente
chiesi anche del vino.
- Ma prego, si
serva pure!-.
Dopo un bicchiere
di Pignoletto, mi abbandonai sullo schienale del morbido divano
cremisi. Riccardo prese a giocherellare con i miei capelli. “
Passerà veloce. Tra qualche ora sarò di nuovo a casa, una cosa
veloce, proprio veloce...”.
Chiaro che non è
stato così. Ho avuto bisogno di altri due bicchieri di vino per
smettere di essere palesemente ritrosa, ma non c'è sbronza che possa
farmi dimenticare quello che è successo dopo. Un buco. Tutta la mia
persona era ridotta a un buco. Il buco.
Mentre guidavo
bestemmiavo mentalmente contro il Dio del Lavoro e del Denaro e
contro la giustizia maligna di questa terra. Appena rincasata, sono
scivolata in bagno. Mi sono rannicchiata in vasca, lavandomi a fondo.
Mi facevo schifo e continuavo ad avere nelle narici l'odore del suo
sudore e del suo sperma.
Ero indegna di
condividere il letto con Stefano. E avevo ancora troppa adrenalina in
corpo per dormire. Mi accesi una Chesterfield, la finii in meno di
due minuti, dando un tiro dopo l'altro. Avevo la nausea. Mi
inginocchiai di fronte al water e mi dissi, “be', finiamo in
bellezza la serata”. Infilai due dita in gola e vomitai con
sollievo tutta la (raffinata,costosa) merda alcolica che avevo in
corpo. Dopodiché mi accoccolai sul divano, stringendo nel pugno i
soldi guadagnati.
Stefano la mattina
dopo mi svegliò scuotendomi delicatamente la spalla.
- Ehi....
Sandra, tutto a posto? Perchè hai dormito sul divano?-.
- Mhhh...sono...sono
rientrata tardi, non volevo svegliarti-.
- Ma dai, non
importava!-. Mi dette una carezza. - Io vado a lavoro. Buona
giornata, tesoro-.
Rimasi sola. Ero
improvvisamente sveglia; stavo male. Nascosi la faccia nel plaid.
Prima di uscire, Riccardo mi aveva congedato con un buffetto sulla
guancia.- Non mi sbagliavo: mi sei piaciuta. Ti richiamo nei prossimi
giorni-.
“Ti richiamo nei prossimi giorni
: cazzo faccio, se mi rivuole?”. Non sapevo se avrei sopportato di
nuovo di farmi togliere il reggiseno dall'avvocato.
Nel complesso era un bell'uomo, ben conservato e tonico: ma era il
corpo di uno sconosciuto che si avvinghiava al mio, e lo esplorava,e
il mio spirito si era sfilato dalla pelle e aveva guardato tutto da
un angolo della stanza.....
Io non avevo
goduto. Neanche un po'.
Tuttavia,
riflettevo, se fossi andata da lui una volta a settimana, in un mese
sarei riuscita a tirare su circa ottocento euro. Cristo. “No
basta, cavatemi gli occhi, non voglio più vedere....”.
Mi infilai sotto il
blu della coperta e ci rimasi per qualche minuto, respirando piano il
poco ossigeno che c'era. Riemersi e andai in cucina;leggero aroma di
caffè. Mi preparai una moka da tre persone e me la bevvi tutta.
Avevo ancora bisogno di smaltire la sbornia.
Quel giorno chiamai
il tecnico per la lavatrice, pagai le bollette e comprai del pesce.
Decisi di smettere di pensare, a volte è l'unica soluzione. Mi sarei
posta il problema se e quando Riccardo mi avesse ricontattato. Magari
non si sarebbe più fatto vivo, che ne sapevo.
Invece mi ha
telefonato oggi.
Mi piace tantissimo, Carlotta!!! Grande titolo - grande storia ;)
RispondiEliminaGrazie! :)
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